Capitan Swing by Nina Pennacchi

Capitan Swing by Nina Pennacchi

autore:Nina Pennacchi
La lingua: ita
Format: epub
Tags: historical romance, capitan swing
pubblicato: 2013-07-14T16:00:00+00:00


Capitolo 25

Il cielo non ha collere paragonabili all’amore trasformato in odio.

William Congreve

«Ora mi dirai dov’è, Rebecca.»

Con i polsi legati sulla testa, i piedi che toccavano a malapena terra, lei alzò lo sguardo verso Adam. «N-non... non volevo ingannarti, io...»

Un manrovescio le fece voltare il capo di lato, lasciandola quasi sotto shock. «Non mentirmi, Rebecca. Dio, non mentirmi. Tu non sai... non immagini neanche... quanto io sia arrabbiato con te.» Adam inspirò profondamente, poi espirò. Voleva riacquistare il controllo. Sei così freddo quando picchi, gli aveva detto Swing. Ma non era freddo, ora. Non era freddo per niente. La mano gli era partita prima che se ne accorgesse, e con troppa forza. «Sei stata brava» mormorò aprendo e chiudendo i pugni. «Fottutamente brava.»

L’unico rumore che veniva da fuori erano i nitriti nervosi dei cavalli. Le grida di Montgomery—non ti azzardare a toccarla, Cartwright!—si erano spente in fretta. Robert l’aveva imbavagliato prima ancora che Adam spingesse Rebecca all’interno della rimessa e richiudesse la porta alle loro spalle.

Non sarebbe arrivato nessun altro; i soldati erano in cerca di Swing. Magari l’avevano già trovato, ma ad Adam non importava. Non ora.

Adesso gli importava solo di lei.

La trave alla quale l’aveva legata era vecchia e rovinata in più punti. Rebecca non tirava le corde né faceva resistenza. Annichilita, l’unica forza che sembrava avere in corpo era quella che la faceva piangere silenziosamente.

Una lampada, posata sul vecchio tavolo, rischiarava le sedie verdi e il camino in disuso. Non c’era altro, nella vecchia rimessa. Adam fece un passo verso Rebecca, arrivandole vicino fin quasi a toccarla. Dallo stivale estrasse un lungo coltello. L’aveva già minacciata con quel coltello, dieci giorni prima. Una vita prima. «Dimmi dov’è.» Alzò il coltello, posandoglielo sulla gola. Spinse leggermente. Lei non aveva più il mantello, ammucchiato in terra. Il vestito celeste che indossava era pesante, ma non abbastanza da evitarle i brividi che le increspavano la pelle con piccole bolle bianche. O più probabilmente era la paura. Ferma e piangente, a braccia alzate, sembrava un angelo indifeso.

Era una sgualdrina.

«Venivi qui a farti fottere, Rebecca?»

«No, io...»

Un altro schiaffo, così veloce che Adam non ebbe il tempo di sentire la morbidezza della sua pelle contro le nocche. Il capo le sbatté contro la trave. Rimase immobile, con il viso di lato. Il petto smise di alzarsi e abbassarsi con ritmo irregolare. Il terrore le impediva di respirare.

«Ti ho detto di non mentirmi.» Con due dita le raddrizzò il volto. Il gesto delicato, se possibile, le riempì ancora di più gli occhi di paura. Il colpo era stato forte, e dal naso le usciva un rivoletto di sangue che si mischiava alle lacrime e al moccio.

«È il tuo corpo che usi, non è vero?» chiese Adam. «E questi occhi» le sfiorò con le dita le palpebre gonfie di pianto, mentre il ventre gli si stringeva per la rabbia e il desiderio, «questi occhi belli che hai. Anche con Montgomery. Dio, povero stronzo. Quando penzolerà dalla forca sarà te che dovrà ringraziare.»

«No... Adam, no...» La voce di Rebecca uscì flebile, ma uscì.



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